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il mio Natale

Posted on 1 Gennaio 2014 by wp_114087

Passare le feste natalizie lavorando ha un che di salvifico. Passarlo saltellando tra diversi luoghi di cura, diventa addirittura poetico. Vivi tanti Natali diversi, criticati da tutti, ma mai indifferenti. Ricordo la donna coi guantini, la sala piena di carrozzine, braccia protese, scale e porte che ti chiudi dietro le spalle, medici iperfasici
“Questo è il primo Natale che passo in Casa di Riposo. Colpa di mio figlio, che ha firmato per mettermi qua mentre ero in Ospedale. Spero di avere la forza, in punto di morte, di sputargli in faccia. Come ha fatto mia nonna che a suo figlio, mio padre, un attimo prima di morire ha detto “Porco!” con l’ultimo fiato che aveva in gola….”
“Lascia perdere. Certo che però è triste. Qui tutto è reato! Troppe regole. Una volta mi hanno preso la borsa e l’ho riavuta dopo sei mesi. Non c’è privacy, non pensavo fosse così. Un manicomio. Tutto deve restare così. Li vede quelli? Al pomeriggio si trasformano, diventano zombie. Più aggressivi. Quella donna dopo pranzo comincia a girare tra i tavoli, prende tutti i bicchieri che trova e beve, beve continuamente. Se me ne accorgo io, dovrebbero accorgersene anche loro. Perchè non le danno da bere, visto che lo sanno? Comunque sono tutti dei catafalchi. Perchè li fotografa? Faccia fotografie ai vivi. Sa, io sono un’osservatrice”
E quel tipo che gira vestito da genoano, quando sono entrata nel salone l’altro giorno ha detto ”Ecco, è arrivata quella con la testa da africana. Che schifo!”. Al che mi sono bloccata, sono tornata indietro e gli ho detto “Addirittura schifo…mmm..lo sa che lei è proprio una persona gentile?”. Lui guardava fisso da un’altra parte, imbarazzatissimo. Non è che siccome vivi in una casa di riposo, puoi fare e dire proprio tutto. Senza peraltro la scusante del deficit cognitivo, che non hai (a parte l’andare in giro vestito da genoano che un po’ ti scusa, ma poco).
Però ricordo anche la Signora che non ha toccato cibo il giorno di Natale “neanche un goccio d’acqua”, emozionata dal trovarsi con la famiglia in un Ristorante di Nervi con il groppo in gola “Non volevo piangere per non rattristarli. Non ho aperto bocca. Non sono mai stata così commossa, neanche quando mi sono sposata, o quando sono nati i figli. Non so perchè mi ha fatto quest’effetto.”
Io invece io lo so, me lo ha fatto capire l’amica Mabi quando l’ho portata in Galleria Mazzini il giorno della vigilia, a bere una cioccolata calda dopo aver visto l’albero di Natale di Piazza De Ferrari. Dopo 8 anni dall’essere entrata in Casa di Riposo.
“Non avrei mai pensato di vivere da reclusa”.
Ho guardato la Fiera del Libro con occhi diversi, la gente che passava davanti al dehors del Bar  piena di pacchetti, con passo svelto, mi pareva tutto straordinario e colorato
E poi il giro in macchina per Carignano dove un tempo abitava, con lei che saluta tutto “Ciao Piazza Corvetto, ciao Carlo Felice, ciao...”
“Ora torniamo su Mabi…”
“La festa è finita”

“Per oggi Mabi. Per oggi”
Ma un po’  aveva ragione, è vero. La festa è finita.
La neutralità non è una qualità dell’essere vivente.
Mia, certamente no.
 

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