Con il termine ableism (abilismo) si intende la discriminazione contro le persone con disabilità a favore di persone senza disabilità. Presuppone che tutte le persone abbiano un corpo abile. Con disablism (disabilismo) si intende un comportamento discriminatorio, oppressivo o di abuso che origina dal convincimento che le persone disabili sono inferiori agli altri. E’ una discriminazione non sempre intenzionale, e quando ciò si verifica possiamo parlare di aversive disablism, il disablism di chi appoggia valori egualitari, si considera libero da pregiudizi, ma poi di fatto discrimina in modi sottilmente razionalizzabili. Tra coloro che possono avere atteggiamenti di aversive disablism vi possono anche essere le persone diventate disabili da poco tempo, che tendono a mantenere gli atteggiamenti nei confronti della disabilità che avevano prima, e tali atteggiamenti sono in generale negativi [R.Bencivenga, Donne Disabilità e Lavoro].
Questa cosa ci riguarda quando parliamo di Afasia?
Sì, vediamo in quali situazioni:
- Quando parliamo delle persone con Afasia come di “malati”
- Quando pensiamo di sapere NOI cosa è bene per la persona con Afasia e la mettiamo al servizio dei NOSTRI obiettivi [condurre uno studio neuropsicologico, raccogliere dati, attivare un gruppo, provare una metodologia, confermare il nostro ruolo di “esperti”]
- Quando chiediamo qualcosa che riguarda la persona con Afasia non alla persona stessa ma al parente o comunque ad un’altra persona
- Quando non includiamo persone con afasia nel gruppo dirigente della nostra organizzazione
- Quando includiamo persone con afasia nel gruppo dirigente della nostra organizzazione ma non modifichiamo nulla nella gestione dei compiti dello stesso gruppo [riunioni, metodi di comunicazione, uso di tecnologie] per garantire che la partecipazione sia reale ed effettiva
- Quando inseriamo una persona con afasia in un gruppo con la generica intenzione di “farla stare bene”, senza avere concordato con la stessa un obiettivo comune, chiaro e condiviso
- Quando coinvolgiamo una persona con afasia in una situazione in cui le è richiesto di fornire proprio la performance che non riesce a portare a termine [in genere fonare/parlare], adducendo la motivazione che “così la stimoliamo” o che lo impongono le regole di funzionamento del gruppo (o dell’attività in questione)
- Quando trattiamo le persone con Afasia come individui particolarmente bisognosi del nostro accudimento e non in grado di provvedere a se stessi autonomamente [es. adducendo la motivazione che “si stancano“, “si emozionano“…fino allo scontatissimo e terribile “prendono freddo“]
- Quando adottiamo comportamenti e atteggiamenti che rovinano l’immagine sociale della Persona con Afasia (es. parlarle a voce più alta del normale, fare finta di averla capita, cambiare discorso, banalizzare la sua situazione pensando di “alleggerire” il tono della conversazione…)