Ma quando parliamo di afasia, parliamo della stessa cosa? E’ chiaro per tutti cosa intendiamo quando parliamo di afasia? Lo chiedo perche’ di questo termine sono state date varie definizioni e a ognuna di esse corrisponde un diverso approccio per quanto riguarda gli aspetti di valutazione come di trattamento (…se guardiamo le vostre risposte..). Wepmann ha ben riassunto la natura multidimensionale della afasia (“l’afasia ha 3 facce: psiconeurologica, psicolinguistica, psicosociale”)
Vediamo cosa se ne diceva in passato …
Vediamo cosa se ne diceva in passato …
· Jackson (1915) definisce l’afasia un disturbo della capacità proposizionale, quindi di comunicare dei significati specifici integrando le parole in un determinato contesto (la proposizione) a fronte di un linguaggio automatico integro quindi con una conservata capacità di formulare espressioni in contesto di situazione, di completare frasi o enumerare serie automatiche…in questa visione l’assessment si concentrerà specificamente sulla capacità del soggetto di utilizzare il linguaggio spontaneo per proposizionale o comunicare dei significati . L’intervento ovviamente si focalizza sulla stimolazione della capacità del soggetto di usare il linguaggio proposizionale
· Goldestein (1948) riferisce l’afasia ad una compromissione della capacità di astrazione (ricordiamoci che il linguaggio che riflette la capacità di astrazione è il linguaggio proposizionale); quando manca la capacità di astrazione manca la capacità di simbolizzare o utilizzare i simboli, di considerare realtà possibili ma non attuali, di tenere a mente simultaneamente vari aspetti di una situazione, di inibire reazioni, di reagie a due stimoli che non sono intrinsecamente legati, di isolare le parti dal tutto…mentre è risparmiato il linguaggio concreto (che consiste di automatismi, espressioni emotive, suoni, parole e serie di parole). Goldestein e altri hanno creato tutta una serie di test per identificare la capacità di astrazione di un soggetto mentre l’ambito riabilitativo – in una visione del genere del problema afasico – riguarda la stimolazione della capacità del soggetto di utilizzare un linguaggio sempre piu’ astratto e proposizionale (produrre un certo numero e una varietà di categorie), di parlare nell’ambito delle ipotesi…
· Schuell (1964) interpreta l’afasia come un danno del meccanismo del linguaggio, che viene ad essere compromesso simmetricamente in tutti i suoi aspetti e quindi in tutte le modalità (parlare, ascoltare, leggere, scrivere). Questa è la visione unidimensionale dell’afasia, non modalità specifica ma piuttosto una “incapacità di recuperare le parole e le regole di un linguaggio acquisito” a causa di un danno della abilità di analizzare e integrare le sequenze linguistiche a livello uditivo. L’assessment riguarderà quindi la capacità del soggetto di comprendere e produrre linguaggio in tutte e quattro le modalità e l’intervento si focalizza sull’uso intenso, controllato di stimoli uditivi che vengono manipolati e dosati allo scopo di ottenere le massime performance.
· Poi ci sono le definizioni multimensionali, alla base delle dicotomie che ben conoscete: fluente (Wernicke, transocorticale sensoriale, di conduzione)/non fluente (Broca, transcorticale motoria, afasia globale, gergoafasia…) che ricollegano l’afasia ad una forma clinica corrispondente ad un danno localizzato in un punto preciso
· Wepman ricollega l’afasia a un disturbo del processo ideativo, ricordiamoci che il pensiero è un catalizzatore per l’espressione verbale quindi secondo questa visione l’intervento riabilitativo si focalizza sul processo del pensiero allo scopo di stimolare il pz a comunicare rimandendo su un topic quindi il paziente viene incoraggiato ad elaborare concettualizzazioni su vari temi.
· Nell’approccio psico-linguistico (Chapey 1986) l’afasia viene considerata un disturbo acquisito del linguaggio in tutte le sue componenti (cognitive, linguistiche, comunicative) associato e delle funzioni cognitive sottostanti il Linguaggio. L’afasia è causata da un danno cerebrale organico, caratterizzata da una riduzione e una disfunzione del contenuto, della forma o struttura del linguaggio, dell’uso dello stesso e delle funzioni cognitive (FC) sottostanti quali riconoscimento, comprensione, memoria…l’analisi prevederà necessariamente uno studio dello stato mentale del soggetto e del linguaggio a 360°. La Stimolazione riguarderà soprattutto le FC sottostanti il processo di comprensione e produzione verbale. L’enfasi sarà sulla comunicazione di significati poiche’ il significato è l’essenza del linguaggio
Come potete notare, queste (ma ce ne sarebbero altre) sono tutte definizioni che riportano l’afasia al linguaggio o al pensiero o comunque ad una qualche funzione cognitiva quindi alla mente, il cui funzionamento caratteristico viene descritto in relazione ad un meccanismo che si ritiene danneggiato dentro la persona e dunque la valutazione e l’intervento non si discostano da questa visione, riguardano sempre e unicamente le funzioni cerebrali della persona che si suppone “malata” decurtate di qualsiasi aspetto emotivo o psicologico…della persona sono chiamati in causa il cervello “motore” e nient’altro…
Ma se usciamo dai testi scientifici e dalle sterili speculazioni di studiosi chusi nei loro laboratori ed entriamo nella realtà, con l’afasia cosa si perde? Parole, linguaggio, discorsi, nomi, verbi (come dicono gli “esperti£) o piuttosto si perde la possibilità di continuare ad essere individui con un ruolo, una autonomia un contorno adulto?
· Goldestein (1948) riferisce l’afasia ad una compromissione della capacità di astrazione (ricordiamoci che il linguaggio che riflette la capacità di astrazione è il linguaggio proposizionale); quando manca la capacità di astrazione manca la capacità di simbolizzare o utilizzare i simboli, di considerare realtà possibili ma non attuali, di tenere a mente simultaneamente vari aspetti di una situazione, di inibire reazioni, di reagie a due stimoli che non sono intrinsecamente legati, di isolare le parti dal tutto…mentre è risparmiato il linguaggio concreto (che consiste di automatismi, espressioni emotive, suoni, parole e serie di parole). Goldestein e altri hanno creato tutta una serie di test per identificare la capacità di astrazione di un soggetto mentre l’ambito riabilitativo – in una visione del genere del problema afasico – riguarda la stimolazione della capacità del soggetto di utilizzare un linguaggio sempre piu’ astratto e proposizionale (produrre un certo numero e una varietà di categorie), di parlare nell’ambito delle ipotesi…
· Schuell (1964) interpreta l’afasia come un danno del meccanismo del linguaggio, che viene ad essere compromesso simmetricamente in tutti i suoi aspetti e quindi in tutte le modalità (parlare, ascoltare, leggere, scrivere). Questa è la visione unidimensionale dell’afasia, non modalità specifica ma piuttosto una “incapacità di recuperare le parole e le regole di un linguaggio acquisito” a causa di un danno della abilità di analizzare e integrare le sequenze linguistiche a livello uditivo. L’assessment riguarderà quindi la capacità del soggetto di comprendere e produrre linguaggio in tutte e quattro le modalità e l’intervento si focalizza sull’uso intenso, controllato di stimoli uditivi che vengono manipolati e dosati allo scopo di ottenere le massime performance.
· Poi ci sono le definizioni multimensionali, alla base delle dicotomie che ben conoscete: fluente (Wernicke, transocorticale sensoriale, di conduzione)/non fluente (Broca, transcorticale motoria, afasia globale, gergoafasia…) che ricollegano l’afasia ad una forma clinica corrispondente ad un danno localizzato in un punto preciso
· Wepman ricollega l’afasia a un disturbo del processo ideativo, ricordiamoci che il pensiero è un catalizzatore per l’espressione verbale quindi secondo questa visione l’intervento riabilitativo si focalizza sul processo del pensiero allo scopo di stimolare il pz a comunicare rimandendo su un topic quindi il paziente viene incoraggiato ad elaborare concettualizzazioni su vari temi.
· Nell’approccio psico-linguistico (Chapey 1986) l’afasia viene considerata un disturbo acquisito del linguaggio in tutte le sue componenti (cognitive, linguistiche, comunicative) associato e delle funzioni cognitive sottostanti il Linguaggio. L’afasia è causata da un danno cerebrale organico, caratterizzata da una riduzione e una disfunzione del contenuto, della forma o struttura del linguaggio, dell’uso dello stesso e delle funzioni cognitive (FC) sottostanti quali riconoscimento, comprensione, memoria…l’analisi prevederà necessariamente uno studio dello stato mentale del soggetto e del linguaggio a 360°. La Stimolazione riguarderà soprattutto le FC sottostanti il processo di comprensione e produzione verbale. L’enfasi sarà sulla comunicazione di significati poiche’ il significato è l’essenza del linguaggio
Come potete notare, queste (ma ce ne sarebbero altre) sono tutte definizioni che riportano l’afasia al linguaggio o al pensiero o comunque ad una qualche funzione cognitiva quindi alla mente, il cui funzionamento caratteristico viene descritto in relazione ad un meccanismo che si ritiene danneggiato dentro la persona e dunque la valutazione e l’intervento non si discostano da questa visione, riguardano sempre e unicamente le funzioni cerebrali della persona che si suppone “malata” decurtate di qualsiasi aspetto emotivo o psicologico…della persona sono chiamati in causa il cervello “motore” e nient’altro…
Ma se usciamo dai testi scientifici e dalle sterili speculazioni di studiosi chusi nei loro laboratori ed entriamo nella realtà, con l’afasia cosa si perde? Parole, linguaggio, discorsi, nomi, verbi (come dicono gli “esperti£) o piuttosto si perde la possibilità di continuare ad essere individui con un ruolo, una autonomia un contorno adulto?
C’e’ chi dice che l’afasia è un’interruzione radicale dei nostri modi pregressi del vivere (vedi la nostra intervista a Pennisi), le persone stesse parlano di aggressione, attacco, sensazioni terribili
“È come se ci fosse uno spazio vuoto. Come aprire una porta e scoprire che dietro non c’e’ nulla. Come se il mio cervello fosse una torta cui è stata portata via una fetta“.
Per capire di cosa si tratta occorre partire non solo dai dati clinici (che peraltro un professinista deve saper leggere correttamente non per diventare un bravo “descrittore” ma per fare prognosi…si’, prognosi! Ah…questa sconosciuta!) ma dai racconti delle persone stesse…